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Dakar: Honda, è l'inizio di una nuova "dinastia"?

Quella di Kevin Benavides è stata la prima vittoria di un motociclista sudamericano, ma soprattutto la seconda consecutiva della Honda, che in questa edizione 2021 ha dato la sensazione di avere la forza per aprire un ciclo lungo.

#47 Monster Energy Honda Team: Kevin Benavides festeggia con il team team

#47 Monster Energy Honda Team: Kevin Benavides festeggia con il team team

A.S.O.

Il mondo si è rovesciato in pochi mesi per la Honda. Lo scorso anno la Casa giapponese è riuscita nell'impresa di interrompere una striscia di ben 18 successi consecutivi alla Dakar della KTM, ma di contro ha perso lo scetto dove aveva sempre dominato, in MotoGP.

Per la prima volta da quando è stata creata la HRC, nel lontano 1982, nella classe regina del Motomondiale non è arrivata neanche una vittoria. Il 2021 però è iniziato subito regalando una grande soddisfazione al marchio dell'Ala dorata, con il secondo sigillo consecutivo alla Dakar.

Se la versione sudamericana del Rally Raid più famoso al mondo era stata un terreno di caccia esclusivo per la KTM, l'Arabia Saudita sta sorridendo a Honda, che si è portata a casa entrambe le edizioni disputate su questa nuova "rotta". Sembra quindi un messaggio piuttosto chiaro ai rivali austriaci, che di contro nel frattempo hanno cominciato a vincere in MotoGP: i giapponesi hanno tutte le carte in regola per dare il via ad una nuova "dinastia".

Un sigillo importante sulla Dakar 2021

#1 Monster Energy Honda Team: Ricky Brabec, #47 Monster Energy Honda Team: Kevin Benavides

#1 Monster Energy Honda Team: Ricky Brabec, #47 Monster Energy Honda Team: Kevin Benavides

Photo by: A.S.O.

Questo secondo trionfo è maturato con quello che ha avuto l'aspetto di un vero e proprio dominio: 10 vittorie di speciale in 13 giorni di gara (prologo compreso). Eppure, Kevin Benavides ha dovuto aspettare la 12esima ed ultima tappa per essere certo di diventare il primo pilota sudamericano capace di portarsi a casa il successo finale tra le moto.

Anche se gli uomini della Honda sono stati costantemente davanti anche nella generale, fatta eccezione tra la terza e la quinta tappa, i rivali austriaci non si sono arresi fino alla fine, con Sam Sunderland che entrava nell'ultima speciale con un distacco di circa cinque minuti. E comunque anche Toby Price era ancora in lizza per la vittoria quando si è infortunato nella nona tappa.

Questo però non fa altro che dare ulteriore valore al trionfo dell'armata nipponica, perché non ha piegato una KTM dismessa, ma l'ha battuta sul campo ad armi pari e forse avrebbe anche potuto estrometterla dal podio finale se Nacho Cornejo e Joan Barreda non fossero stati costretti al ritiro proprio sul più bello. La Honda infatti ha dimostrato di disporre di una moto competitiva ed affidabile, ma anche di poter contare su piloti tutti in grado di puntare al successo finale. E non è un caso che in due anni abbia vinto con due rider diversi.

La doppietta concretizzata da Benavides e da Ricky Brabec, bravissimo a soffiare la piazza d'onore a Sunderland proprio nella tappa conclusiva, è comunque un risultato che resterà nei libri di storia della Dakar, perché era dal 1987 che la Honda non piazzava un 1-2, quando a fare festa furono Cyril Neveu ed Edi Orioli nella leggendaria gara africana.

Benavides, un argentino determinato e talentuoso

#47 Monster Energy Honda Team: Kevin Benavides, #1 Monster Energy Honda Team: Ricky Brabec

#47 Monster Energy Honda Team: Kevin Benavides, #1 Monster Energy Honda Team: Ricky Brabec

Photo by: A.S.O.

A vedere la sua chioma biondo platino non si direbbe, ma Kevin Benavides ha una laurea in economia e commercio. E' questa infatti la condizione che il padre aveva posto per dargli il permesso di intraprendere la carriera da pilota professionista e il ragazzo di Salta l'ha raggiunta a soli 21 anni.

Il debutto alla Dakar avviene nel 2016 ed è subito protagonista, chiudendo in quinta posizione, ma poi un infortunio gli ha impedito di partecipare all'edizione successiva. Nel 2018, però, si è infilato subito nel gruppetto dei migliori, centrando un ottimo secondo posto.

Il 2019 rappresenta l'anno più buio, perché Kevin è finito al centro di una grande polemica: nell'ottava tappa sono state trovate delle note segnate sul serbatoio della sua Honda, cosa che era proibita dal regolamento sul roadbook e quindi gli è stata imposta una penalità di 3 ore, poi rimossa dalla sentenza d'appello che gli aveva restituito un quinto posto finale sul quale comunque era rimasta una macchia.

La prima Dakar araba non è stata particolarmente da ricordare per lui, perché la rottura del motore della sua Honda gli ha impedito di lottare per le posizioni di vertice fino alla fine. Quest'anno però si è rifatto con gli interessi, diventando il primo sudamericano a portarsi a casa il trofeo con il volto del touareg.

Per lui sono state due le affermazioni di tappa, alla quinta ed alla nona, ma bisogna dire che soprattutto nella seconda settimana di gara ha dato vita ad un'ottima collaborazione con il compagno Nacho Cornejo: i due si sono trovati spesso e volentieri ad aprire la pista o comunque ad essere nelle prime posizioni, ma si sono sempre dati una mano con la navigazione e dopo la nona tappa si erano portati in prima e seconda posizione.

Quando un giorno più tardi il cileno ha commesso l'errore che lo ha portato al ritiro, ha preso il comando della corsa e poi è stato bravissimo ad amministrare la leadership fino alla fine, andando a cogliere una vittoria meritatissima, per la quale ha avuto anche una dedica molto speciale, quella per Paulo Goncalves: Kevin era grande amico del portoghese deceduto nell'edizione 2020 e lo ha indicato subito quando gli è stato chiesto il primo pensiero dopo il traguardo finale. "Ho pensato alla persona che è stata sempre con me. Paulo (Goncalves)". E a 32 anni forse il meglio deve ancora venire per la sua carriera...

Brabec spreca troppo nella prima settimana

#1 Monster Energy Honda Team: Ricky Brabec

#1 Monster Energy Honda Team: Ricky Brabec

Photo by: Honda Racing

Una volta capito il potenziale dello squadrone Honda, il favorito naturale sembrava dover essere Ricky Brabec, l'uomo che lo scorso anno aveva riportato il marchio nipponico alla vittoria. Lo statunitense aveva messo subito la firma sul prologo, ma poi nella prima settimana di gara ha avuto troppi alti e bassi.

Il percorso creava veramente grandi difficoltà a chi doveva aprire la pista, e in queste giornate il californiano ne ha fatto le spese. Ma probabilmente è la scelta che ha fatto nella quarta tappa che rappresenterà il suo più grande rimpianto in questa edizione: nel finale ha rallentato volontariamente per avere una posizione di partenza migliore il giorno successivo.

Con il senno di poi è facile dirlo, ma è stata una topica clamorosa, perché nella quinta tappa Ricky ha perso la pista e a fine giornata si ritrovava a ben 25 minuti di distacco nella generale. Senza contare che nella quarta tappa ha perso almeno tra i tre ed i cinque minuti per sua scelta e che al traguardo di Jeddah il suo ritardo da Benavides era appena di 4'56". Se la matematica non è un'opinione...

Quello che resta della gara di Brabec però è la sua grande prova nella seconda settimana. Nonostante sembrasse tutto compromesso, non si è mai arreso e si è portato a casa la bellezza di tre delle sei speciali disputate, attaccando praticamente dall'inizio alla fine. Nella decima tappa è arrivato davvero ad un soffio dal sorpasso, riportandosi a 51" da Benavides, ma poi, dovendo aprire la pista nell'11esima, ha permesso al compagno di squadra di riaprire quella forbice che alla fine si è rivelata decisiva.

L'altra immagine bella della gara di Ricky però è senza ombra di dubbio quella della nona tappa, quando lui e Sunderland, pur essendo in lotta per le posizioni di vertice, non hanno esitato un attimo a fermarsi a soccorrere Price dopo il suo incidente, attendendo con lui l'arrivo dell'elicottero con i medici. Un bel gesto, che giustamente è stato ripagato dalla direzione gara con la restituzione dei minuti persi in quel frangente.

Provaci ancora, Nacho!

#4 Monster Energy Honda Team: Jose Ignacio Cornejo Florimo

#4 Monster Energy Honda Team: Jose Ignacio Cornejo Florimo

Photo by: A.S.O.

La grande rivelazione in casa HRC è stata sicuramente Nacho Cornejo e il pilota cileno avrebbe meritato maggior fortuna. Alla sua sesta Dakar, era reduce da una carriera in crescendo, che lo aveva portato per la prima volta nella top 10 nel 2018 ed ai piedi del podio nel 2020. Questa doveva essere l'edizione della sua definitiva consacrazione e così è stato.

Ha avuto una partenza molto cauta nella prima settimana, quella con la navigazione più complicata. Non ha mai attaccato le primissime posizioni, cercando di correre sempre su piste già aperte da altri. Una strategia che ha iniziato a dare i suoi frutti alla quinta tappa, quando con il secondo tempo si è portato nella top 3 nella generale. Una posizione che non ha più mollato fino al ritiro.

Anzi, ha continuato a migliorare la situazione: nella settima tappa si è portato in vetta alla generale e poi ha incrementato il suo vantaggio sugli inseguitori nei giorni successivi, portandolo addirittura a 11'24" alla conclusione della nona tappa. La decima tappa però è stata purtroppo fatale per i suoi sogni di gloria.

Nacho è caduto al km 252 ed ha perso conoscenza per qualche istante. Di arrendersi lì, in mezzo al deserto, non ne ha voluto sapere e quindi è tornato in sella ed ha portato a termine la tappa. Tra le altre cose sarebbe stato ancora saldamente in lotta per la vittoria, perché era arretrato al terzo posto nella generale, ma a solo 1'07" da Benavides.

Una volta al traguardo, però, i medici ne hanno immediatamente disposto il trasferimento in ospedale, perché la botta alla testa era stata forte. La TAC non ha evidenziato lesioni, ma ha confermato una commozione cerebrale e quindi la fine di giochi per Cornejo, che però l'anno prossimo sarà sicuramente tra quelli da tenere d'occhio. Anche perché a 26 anni ha ancora tutto il tempo per rifarsi.

Barreda: quando essere nella storia non basta

#88 Monster Energy Honda Team: Bort Joan Barreda

#88 Monster Energy Honda Team: Bort Joan Barreda

Photo by: A.S.O.

Sono pochi i dubbi anche riguardo a quale sia stata la delusione all'interno del pacchetto dei piloti Honda. All'11esimo tentativo, Joan Barreda ha mancato ancora una volta il bersaglio grande. Un obiettivo che rischia di non poter raggiungere più nella sua carriera, visto che prima del via aveva annunciato che molto probabilmente questa sarebbe stata la sua ultima Dakar in moto.

Un vero peccato, perché nessuno può mettere in dubbio la classe cristallina del pilota spagnolo, che però continua a commettere troppi errori. Basta pensare che solo nella prima settimana di gara ha conquistato ben tre vittorie di tappa. Successi che lo hanno catapultato nella storia della Dakar: a quota 27 in assoluto, è infatti salito al terzo posto di tutti i tempi nella categoria moto.

La cosa curiosa è che è andato ad affiancare Jordi Arcarons, che come lui ha centrato tantissime affermazioni parziali, ma non è mai riuscito a portarsi a casa il successo finale alla Dakar. Per dare un'idea di quello che potrebbe essere il suo potenziale, basta dire che a Marc Coma sono bastate due tappe in meno per vincere ben cinque Dakar.

Nella seconda settimana di gara, lo spagnolo ha iniziato a faticare di più e il momento più critico è arrivato nella nona tappa: intorno al km 50, "Bang Bang" è caduto ed ha anche perso i sensi. Una volta ripresa conoscenza però è immediatamente tornato in sella ed ha portato a termine la speciale. Nonostante qualche momento di smarrimento, il peggio sembrava passato, perché il giorno successivo era riuscito a chiudere la tappa al secondo posto, alle spalle di Brabec, cosa che gli aveva permesso di rimettere il podio nel mirino.

Nell'11esima tappa però è successo l'incredibile: Joan ha mancato completamente il punto di rifornimento. Un'infrazione che gli sarebbe costata una penalità pesantissima, ma che soprattutto ha lasciato la sua Honda a secco nel deserto. Nelle ore successive però si è capito che la botta in testa di due giorni prima aveva inciso in questo errore madornale perché, una volta recuperato dall'organizzazione, Barreda è stato portato in ospedale perché era ancora un po' in stato confusionale.

Fortunatamente gli esami hanno escluso complicazioni, ma i medici gli hanno imposto qualche giorno di riposo. Sarà veramente questa la fine della leggenda di "Bang Bang" o si concederà un'altra chance nel 2022?

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