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Intervista

Botturi protesta: "La Dakar deve essere dura, ma così è troppo!"

Il pilota italiano esprime il proprio parere sulla difficoltà della seconda tappa, in cui molte vetture sono rimaste piantate nella sabbia, così come altrettante moto hanno faticato sulle dune.

Alessandro Botturi

Foto di: Elisabetta Caracciolo

Dakar 2018: Moto

I protagonisti delle due ruote in lotta per la conquista della Dakar 2018

Alessandro Botturi, KTM
#18 Yamaha Official Rally Team: Alessandro Botturi
#18 Yamaha Official Rally Team: Alessandro Botturi
Livio Metelli e Alessandro Botturi
Alessandro Botturi
#2 Yamaha: Alessandro Botturi

Dopo essersi cambiato, al suo arrivo al bivacco, Alessandro Botturi va sotto la tenda della ristorazione per mangiare qualcosa e recuperare le forze. Non sembra stanco, apparentemente, ma invece questa seconda tappa della Dakar 2018 è stata massacrante, in tutti i sensi.

Le moto stamattina partivano dietro alle auto e Alessandro, che partiva dalla 33. posizione ne ha trovate più della metà piantate nelle dune. Una vera Odissea anche se quest'anno l'organizzazione ha scelto, dopo tre anni, di togliere questo appellativo alla Dakar.

“La speciale era terribile, c'erano tracce ovunque – comincia il pilota Yamaha - Ma soprattutto nella seconda parte della speciale c'erano un mucchio di macchine che sembravano esplose. Pezzi ovunque!”.

Per caso hai visto il buggy di Menzies al sesto chilometro? “No, probabilmente quando sono arrivato io lo avevano già rimosso. Però è stata una ecatombe. In quel punto non sembrava esserci nulla di così pericoloso, una duna tagliata, sì, però non brutta brutta”.

In effetti il punto di vista fra piloti auto e piloti moto è sempre molto diverso e quello che ad una categoria può sembrare pericoloso all'altra può sembrare fattibile. “C'erano pezzi ovunque, macchine che sembravano essere esplose su una bomba, con pezzi sparsi ovunque”.

E riprende: “Onestamente non riesco a capire la scelta da parte dell'organizzazione di fare delle tappe ad inizio gara così difficili. Nelle moto ci sono oltre 40 piloti alla loro prima esperienza, non riesco neanche ad immaginare come possano arrivare a fine tappa oggi. Mi dico, bene o male un professionista si allena ed è preparato ma io non nascondo che quando sono arrivato al bivacco ai nostri meccanici ho detto 'preparate le braccia perché Alberto Bertoldi e Livio Metelli arriveranno belli "brasati"'. Sul serio, non capisco – ripete il pilota di Lumezzane - Se inizi così, e aggiungici anche il caldo di oggi, farai arrivare i piloti al limite delle loro forze in Bolivia, a 4000 metri”.

Resta perplesso anche quando gli si fa notare che questa è la Dakar, la gara per eccellenza, nata per essere dura, difficile. “Sì lo so e sono d'accordo però mi faccio ugualmente delle domande”. E aggiunge: “Il mio obiettivo è arrivare alla fine, per questo oggi sono partito con il mio ritmo, basti pensare che dopo pochi chilometri mi ha passato Johnny Aubert che partiva un minuto dopo di me e non mi sono neanche attaccato”.

Come si dice in gergo, Botturi non ha seguito la scia del francese, facendosi magari guidare a livello di ritmo, come si fa a volte per alcuni tratti della speciale, ha preferito andare tranquillo. “Lo ripeto, io voglio arrivare alla fine e quindi faccio la mia gara”.

E a proposito del wpc in fondo alla buca? Botturi alza gli occhi al cielo ripensandoci: “No, una cosa incredibile. Intanto intorno al buco c'erano una marea di tracce perché le macchine devono aver girato tanto attorno per trovarlo e quando poi ho capito che era laggiù sono sceso nella buca ma per tornare su è stato un inferno. Ho tentato e quando ho visto che non riuscivo a salire sono tornato indietro. Ho buttato giù la moto di nuovo, ho preso la rincorsa e poi passando a filo sono riuscito a venire su dalla salita. E dentro di me pensavo 'però, che cattiveria'”.

Alla domanda se aveva visto la Mini di Garafulic e il Buggy di Al Rajhi lui risponde alzando un po' il sopracciglio. “Cerano tante di quelle macchine ferme in speciale che non saprei dire chi fossero. So che quando sono arrivato al CP2 per il rifornimento di benzina ho trovato Franco Acerbis e mi ha chiesto, ma quante macchine ci sono piantate nella sabbia, dentro? Da qui ne saranno passate una trentina...”, e calcolando che stamattina sono partiti in 102...

Per domani i piloti aspettano la consegna del road book perchè anche questa è una delle novità della Dakar: una volta veniva consegnato all'arrivo al bivacco, il rotolo per le moto e le modifiche, adesso invece proprio per frenare l'azione dei Map Man come spiegato nei giorni scorsi, il road book viene consegnato più tardi. “Ieri ce l'hanno dato alle cinque, oggi ancora non lo sappiamo non ci è stato comunicato nulla”.

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