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Intervista

Dakar 2021: Charlotte, l'ingegnere del progetto Can Am

Si chiama Charlotte Saguez: è una parigina di 26 anni che è a capo del progetto Can Am del team South Racing alla Dakar. E' l'ingegnere che coordina il lavoro al bivacco di 12 mezzi Maverick X3 e 102 persone. Scopriamo questa donna che ha un ruolo rilevante nella spedizione in Arabia Saudita.

Charlotte Saguez

Due occhi azzurri come il mare, una cascata di capelli biondi raccolti in una coda e un sorriso che trapela dietro la mascherina. Nessuno potrebbe immaginare che dietro il muscoloso Can Am Maverick X3, vincitore di tutte le Dakar da quando è stata istituita la categoria SSV, si nasconda Charlotte Saguez.

Parigina, 26 anni, dopo gli studi all’Isat, il più famoso istituto tecnico per sport meccanici e trasporto, con sede vicino al circuito di Magny Cours.

“Sono appassionata di motori sin da quando ero bambina”, ci racconta Charlotte, ingegnere a capo del progetto Can Am del team South Racing, il più nutrito al bivacco con 12 mezzi schierati (tra loro c'è anche il nostro Paolo Ceci in coppia con il fratello di Nasser Al-Attiyah, o Austin Jones, leader della generale), e in totale di 102 persone.

Dopo aver corso in modo amatoriale in motocross, Charlotte ha capito di amare la meccanica ed ha deciso di studiare ingegneria.
“Su 600 iscritti all’Isat saremo state al massimo 25 ragazze, ma questo non ha mai rappresentato un problema. Al contrario. Si lavora meglio con gli uomini perché sono più diretti”, confessa.

Dopo uno stage nel campionato GT, e in Formula E con il team monegasco Venturi, tre anni fa Charlotte Saguez è approdata in South Racing, quando era appena 23enne.
“Ho seguito il progetto Can AM sin dall’inizio per cui posso dire che insieme agli altri ingegneri, il Maverick X3 è un po’ la nostra creatura”.

Charlotte non vede la sfida con i Light vehicles della classe T3.
“Sono prototipi mentre il nostro è praticamente un mezzo di serie acquistabile in negozio, con i soli cambiamenti richiesti dal regolamento”.

Per ragioni di sicurezza, infatti, un mezzo completamente standard non potrebbe correre...
“Partiamo da disegnare il telaio e intorno a questo assembliamo le parti standard. Tutto il powertrain è standard, la cinghia CVT, le sospensioni. Anche il look deve rispecchiare il mezzo di serie”, racconta Charlotte.

“Disegniamo il rollbar, così come il sistema di raffreddamento, il sistema elettrico e il dashboard all’interno della macchina con tutto il sistema di navigazione”.

A livello di potenza, il motore 1.000 di cilindrata è sottoposto a restrizioni con la velocità massima imposta a 130 km/h e una potenza intorno ai 170cv.

Per quanto riguarda l’aerodinamica, lo sviluppo fatto in Formula 1 non può essere preso a riferimento.
“Il body e il tetto del Can Am sono disegnati per ottimizzare i flussi dell’aria, ma la F1 non è il nostro riferimento perché le parti, troppo leggere e fragili, qui nel deserto si romperebbero dopo il primo chilometro - sorride Charlotte - . Dobbiamo così trovare il miglior compromesso tra peso e resistenza. Quanto ad affidabilità e resistenza, siamo fortunati perché il Can Am di serie è già molto robusto, comunque rinforziamo tutte le parti e curiamo la alla manutenzione, che è fondamentale sulla Dakar”.  

In testa alla generale con l’americano Austin Jones del team Monster Energy Can AM, chiamato a difendere il titolo conquistato lo scorso anno con Casey Currie, Charlotte ci deve lasciare per tornare a lavoro.

E’ il momento del briefing tecnico e non possiamo fare aspettare gli altri ingegneri. Una ragazza non po’ permetterselo? “Preferisco la puntualità”, sorride.

E con appena 26 anni e tanta responsabilità, come darle torto?

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