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Dakar 2019: il Peru vacilla e valuta di non ospitare la gara, ma ASO assicura: "Andiamo avanti!"

La società organizzatrice della Dakar non molla e pensa di poter convincere le autorità peruviane a mantenere l'impegno preso nel mese di maggio. Intanto ha rilasciato un breve comunicato ai partecipanti per rassicurarli sullo svolgimento della prossima edizione.

#301 Toyota Gazoo Racing Toyota: Nasser Al-Attiyah, Mathieu Baumel

#301 Toyota Gazoo Racing Toyota: Nasser Al-Attiyah, Mathieu Baumel

A.S.O.

KTM: Marc Coma
#305 X-Raid Team Mini: Mikko Hirvonen, Andreas Schulz
#308 Peugeot Sport Peugeot 3008 DKR: Cyril Despres, David Castera
#19 Red Bull KTM Factory Racing KTM: Antoine Meo
#2 Red Bull KTM Factory Racing KTM: Matthias Walkner
#508 Iveco Powerstar: Artur Ardavichus, Serge Bruynkens, Michel Huisman

Lo scontro Francia-Perù non riguarda solo i Mondiali di calcio, in Russia. Riguarda infatti anche il motorsport, e in particolare la Dakar 2019. Dopo le perplessità rese pubbliche dal Perù sulla cifra da sborsare per il passaggio
della Dakar 2019 sul territorio del Perù, rimasto l'unico Paese disposto ad ospitare la competizione internazionale ASO, società francese organizzatrice del rally raid, ha deciso di adottare qualche contromisura.

Una guerra fredda insomma che si consuma sulla pelle di quei piloti che già da un mese – e forse più – stanno  avorando alla raccolta del loro budget per correre a gennaio la corsa leggendaria.

La cronistoria: il Perù martedì scorso annuncia di avere qualche perplessità sulla cifra richiesta da ASO nel mese di maggio – 6 milioni di dollari – e sulle spese collaterali che riguardano logistica, sicurezza, forze militari da mettere in campo, per un totale di 25 milioni di dollari.

“Ci dobbiamo pensare – dice il Governo – perché il nostro Paese sta attraversando un momento di austerità e questa cifra, per quanto porti comunque a guadagnare quasi il triplo dell'investimento dall'impatto mediatico e anche fisico a livello di spettatori, è troppo elevata”.

Al Ministro dell'Economia fa eco il presidente dell'IPD, Istituto Peruviano dello Sport, che il giorno dopo, mercoledì, risponde alla "minaccia" del Governo asserendo che se si dice no alla Dakar 2019, si perde di credibilità agli occhi di tutti gli sportivi e il Perù potrebbe non avere più alcuna richiesta in futuro per ospitare qualsivoglia manifestazione sportiva.

Nel frattempo il Ministro dell'economia presenta una relazione al Governo con una analisi dei costi e dei ricavati, una sorta di business plan, nella giornata di giovedì, ma stranamente nulla filtra e a livello mediatico non si riesce a saperne nulla. ASO nel frattempo si difende e venerdì, ieri, alle 16 manda a tutti i concorrenti - una mailing list di quasi 1000 indirizzi - poche righe, essenziali: “Andiamo avanti”.

Cari competitors, recita la laconica mail. Per vostra informazione l'organizzazione della Dakar sta andando avanti.
Siamo in contatto con le autorità peruviane e non appena sapremo come si sta evolvendo la situazione vi informeremo. Grazie per la vostra fiducia”.

Un segnale dal Governo del Perù doveva arrivare ieri ma così non è stato. In effetti fino al 30 di giugno c'è tempo per la firma definitiva del contratto fra le due forze, ASO e Perù. Quello che è stato infatti siglato da entrambe le parti il 9 di maggio sembra fosse "solo" un accordo di accettazione che a fine mese diverrà un vero contratto.

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