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Imola: una prima volta che vale una vita

Gareggiare sul tracciato di Imola è un sogno. Una sensazione che è descrivibile unicamente trascendendo la natura umana e raggiungendo l'iperuranio delle emozioni che il tracciato emiliano sa offrire. Una pista la cui difficoltà è nota in tutto il mondo. Un luogo dove ci si lascia il cuore.

Marco Congiu, Motorsport.com

Marco Congiu, Motorsport.com

Roberto Piccinini

Imola. Autodromo Enzo e Dino Ferrari. Forse, la pista più bella d’Italia, ricca come poche altre di storia, fascino e amore per il motorsport nella sua forma più pura. 4.909 metri che disegnano un tracciato formato da 19 curve, ciascuna unica e magnifica. 

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Se girarci per un track day è un’esperienza unica, avere la possibilità di correrci in auto rasenta addirittura l’arrivo ai cancelli dei Campi Elisi. Un’esperienza che va condivisa con chi ama questo sport, al netto della facile retorica: Imola è un patrimonio di chi vive per le gare automobilistiche e motociclistiche. E, come un improbabile Virgilio, voglio accompagnare voi, motorofili Dante, verso ciò che si prova correndo ad Imola, lanciandosi in un giro veloce del tracciato a bordo di una Renault Clio Cup, esperienza che ho vissuto in occasione della tappa emiliana del Campionato Europeo dedicato.

Sei lì, da solo, nell’abitacolo della tua auto. Non senti il caldo, anche se nella canicola del pomeriggio di un sabato di luglio non invidi chi è a bordo piscina. Semplicemente, non ti importa di niente altro al mondo: ti trovi nel posto più bello del creato. Il semaforo della pit-lane diventa verde e lasci i box. 

Il primo giro lo si percorre in maniera interlocutoria: le gomme vanno scaldate alla perfezione, tanto quelle anteriori che – soprattutto! - quelle posteriori, forse unico tallone d’Achille della Clio Cup. Si procede a zig-zag, alternando ampi sinistra-destra – necessari per man dare in temperatura il “dietro” - a movimenti bruschi e rapidi dello sterzo, per scaldare al meglio l’anteriore. 

Imola è una pista dove ci vuole coraggio per andare forte. Anche in rettilineo. Ecco, diciamo che la parola “rettilineo” è abusata, nel senso che una volta usciti dalla Rivazza si affonda il pedale del gas fino al limite fisico e si deve fare letteralmente il pelo al muretto dei box in due occasioni. Ai 200 km/h. Non oso immaginare su una Formula 1... 

La prima curva arriva in un battito di ciglia: superato il traguardo, si vedono già nitidamente i cartelli che annunciano la chicane del Tamburello. Dalla massima marcia a disposizione – la quinta, nel mio caso – si scala in terza frenando all’altezza del segnale dei 150m. Non serve deconcentrarsi e pensare che lì, il 1° maggio del 1994, la Formula 1 ha perso uno dei suoi più grandi esponenti di sempre. Ma il pensiero, per una frazione di secondo, si rivolge ad Ayrton Senna. 

La variante Villeneuve, chicane realizzata dopo quanto successo a Roland Ratzenberger, è altresì impegnativa: si entra forte, in quarta, per poi scalare appena una marcia e tagliare il più possibile verso destra. Attenzione però ai dissuasori, che qui sono davvero alti. Se si è accorti, si fa la curva su due ruote, ma se si esagera si rischia di ritrovarsi passeggeri dell’auto, con il cielo che diventa terra, ribaltandosi prima di rendersene conto. 

Inizia la salita: la curva della Tosa è un tornante verso sinistra. Non ha senso tagliare sul cordolo: primo, perché è esageratamente alto; secondo, perché come la più parte delle curve a 180° si affronta ritardando il punto di inserimento e dando minor angolo volante possibile, andando ad agevolare come sempre l’uscita di curva, privilegiando la trazione. 

Da qui, ci si prepara letteralmente al decollo: il cuore sale in gola man mano che la pendenza del manto stradale cresce. Ci si sposta verso destra, gettandosi alla cieca verso la Piratella, una curva verso sinistra che si affronta in quarta marcia e che ci porta nella sezione più tecnica della pista di Imola.

Le Acque Minerali. Qui bisogna necessariamente avere pelo sullo stomaco e quello che il vocabolario definisce “coraggio”. La discesa è davvero ripida: si rimane a sinistra fino all’ultimo per poi tagliare di colpo verso destra, andando a pizzicare il primo cordolo. Solo adesso si molla il pedale del gas e si frena forte, scalando fino in terza e dando una sterzata decisa verso destra per riaffrontare subito una seconda, repentina salita. 

I muri sono un presente compagno per tutto il giro del tracciato, ma per tutta la durata delle Acque Minerali non so perché si fanno esageratamente vicini e grandi.

E, ovviamente, i muri sono pronti ad accogliere chi voglia esagerare alla variante alta. Non bisogna farsi prendere dalla voglia di strafare, soprattutto in questo punto del tracciato: si taglia il primo cordolo volando letteralmente sul dissuasore, ma appena l’auto atterra e riacquista direzionalità la si porta verso sinistra, per la seconda parte della chicane e per lanciarsi verso l’ultima picchiata in direzione della Rivazza. 

Ecco, immagino abbiate presente la teoria del piano inclinato, giusto? Nel caso in cui abbiate bisogno di un ripasso, potete tranquillamente godervi gli onboard di chi si lancia a gas spalancato in discesa raggiungendo velocità paragonabili a quelle che si toccano all'arrivo della chicane del Tamburello. Solo che qui siamo in pendenza e, per il trasferimento di carico, il posteriore diventa ancora più leggero e ballerino. Ma è anche qui che si fa il tempo, ed è necessario avere più coraggio degli altri per andare forte. 

Nemmeno la seconda della Rivazza può definirsi “facile”, perché sbagliarla significa essere penalizzati per tutto il lungo rettilineo di arrivo-partenza, situazione che costringe a buttare quindi due giri. 

Questa è Imola. Forse, un santuario più che una pista. Una scuola che ti insegna come correre e come guidare. E per certi versi anche come vivere, dove bisogna sempre usare la testa per ragionare su ciò che ci si para avanti, non nell’immediato ma nel prossimo futuro.  

Se siete amanti del motorsport, semplici curiosi o smanettoni delle quattro ruote, fatevi un regalo: girate ad Imola. Si tratta di una pista che regala, a chi la voglia accogliere a cuore aperto, sensazioni ed emozioni uniche. I passaggi da cuore in gola si sprecano, gli organi interni sobbalzano ad ogni staccata e sembra quasi manchi il respiro in certi punti.

Imola. Autodromo Enzo e Dino Ferrari. Il "Piccolo Nurburgring". La pista.

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