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F1 | Track limit e quella voglia di ghiaia fuori dai cordoli

Il GP d'Austria ha mostrato tutti i difetti della gestione dei track limit con i sensori annegati nell'asfalto: nella prima parte della gara sono partite raffiche di "warning" che sono sfociate con la penalizzazione di Gasly di 5 secondi, mentre nella seconda parte della corsa sono spariti i provvedimenti. I piloti hanno preso la misura della riga bianca o i commissari hanno cominciato a fare finta di niente? La speciale commissione FIA sta lavorando all'idea di riportare la ghiaia all'esterno delle curve contestate.

Sergio Perez, Red Bull Racing RB18

Foto di: Red Bull Content Pool

Dopo la prima metà del Gran Premio d’Austria è suonato un allarme più o meno generale in tutta la pit-lane di Spielberg. Giro dopo giro una larga parte dei piloti in pista ha accumulato dei “warning” per aver oltrepassato la linea continua che delimita la pista all’esterno della curva ‘9’, e dopo tre avvertimenti (come previsto dal regolamento sportivo) scatta automaticamente una penalità di 5 secondi sul tempo di gara.

Alla fine a farne le spese è stato Pierre Gasly, ma a trenta giri dalla fine, oltre al pilota dell’AlphaTauri sono stati diversi i piloti che si sono ritrovati a rischio penalità.

Pierre Gasly, AlphaTauri AT03, è stato punito con 5 secondi di penalizzazione per il non rispetto dei track limit

Pierre Gasly, AlphaTauri AT03, è stato punito con 5 secondi di penalizzazione per il non rispetto dei track limit

Photo by: Steven Tee / Motorsport Images

In Austria non è stata introdotta alcuna nuova normativa, i sensori affogati nell’asfalto che segnalano il passaggio delle quattro ruote di una monoposto oltre la linea bianca continua che delimita la pista, esistono da tempo, ma la particolare configurazione di Spielberg ha evidenziato una problematica mai risolta del tutto.

La regolamentazione dei passaggi sui cordoli, soprattutto esterni, è oggetto d’attenzione della FIA da molti anni, come testimonia la creazione di un gruppo di lavoro (“track limit working group”) che si occupa proprio di questa problematica.

Negli anni si sono confrontate varie linee di pensiero, tra chi sostiene l’utilizzo di cordoli molto aggressivi e chi invece li ritiene pericolosi, così come le differenti visioni di chi è favorevole alle vie di fuga in ghiaia e chi in asfalto.

Mick Schumacher esamina un cordolo in Austria, con Ayao Komatsu, Chief Engineer della Haas F1

Mick Schumacher esamina un cordolo in Austria, con Ayao Komatsu, Chief Engineer della Haas F1

Photo by: Andy Hone / Motorsport Images

In questo scenario si colloca anche la problematica di dover trovare una soluzione di compromesso che possa permettere ai circuiti di poter ospitare gare di monoposto e moto senza dover adattare ogni volta i cordoli, operazione molto costosa che richiede anche diverso tempo.

Con la diffusione delle vie di fuga in asfalto sono stati eliminati molti cordoli a ‘rampa’, sostituiti da corrugamenti meno aggressivi che hanno portato i piloti ad un loro utilizzo abituale, essendo drasticamente calato il rischio di danneggiare la monoposto.

Una condotta amplificata anche dalle informazioni sempre più dettagliate che forniscono i dati di telemetria e gps, dati che consentono ad ingegnerei di piloti di valutare centimetro per centimetro le traiettorie e di individuare la linea che permette il maggiore guadagno in termini di tempo, quasi sempre comprendente i passaggi sui cordoli.

Proprio da queste analisi è emerso che le vibrazioni innescate dal passaggio su un cordolo, vengono ampiamente compensate dalla velocità maggiore che permette di mantenere il passaggio su di essi. “Una cosa è certa – ha confermato un addetto ai lavori – se i piloti ci passano sopra vuol dire che ci guadagnano”.

Nel tempo l’adeguamento dei circuiti alle normative in tema di sicurezza hanno ridotto la presenza di curve che si percorrono ad altra velocità, ma come visto in Austria, ci sono ancora dei passaggi nei quali un pilota cerca di portare tutta la velocità possibile in ingresso curva sfruttando la linea più veloce che comprende l’utilizzo millimetrico del cordolo, ai limiti del consentito.

Uno dei motivi che hanno portato alle decine di “warning” inviate in Austria, è che il pilota non ha una visibilità ottimale e non sente molto il cordolo poiché l’incidenza di quest’ultimo è molto ridotta. Questo perché quando in passato si sono provati cordoli più alti, che avvertono il pilota di essere al limite dello spazio consentito, ci sono stati casi in cui si sono trasformati in pericolosi trampolini per piloti che avevano commesso un errore.

Sulla fiscalità dei controlli non c’è però molto margine di discussione. “È vero che in certe circostanze non è facile accettare una penalità per aver superato la linea di qualche centimetro – ha commentato un ex pilota F1 – ma è così in molti sport. Anche nel calcio a volte il fuorigioco è questione di centimetri, così come la convalida o meno di un goal in base alla posizione del pallone rispetto alla linea di porta".

George Russell, Mercedes W13

George Russell, Mercedes W13

Photo by: Glenn Dunbar / Motorsport Images

"Ad un certo punto bisogna separare ciò che si può fare da cosa è vietato, e quella linea non deve essere oggetto di polemiche da parte dei piloti, le regole sono chiare. Se in sede di verifiche tecniche una monoposto è sottopeso di 100 grammi un di 5 chili, non fa differenze, si è squalificati e nessuno osa dire nulla”.

Non c’è una soluzione assoluta, ma è oggetto di valutazione una soluzione che potrebbe essere provata anche in tempi brevi. Considerando che i cordoli alti non si sposano con le esigenze delle moto, c’è chi ha proposto di posizionare un cordolo ampio un po' meno rispetto alla careggiata di una monoposto, con la ghiaia posta subito dopo.

In questo scenario un pilota potrebbe effettivamente utilizzare un’ampia parte della superfice, conscio che arrivare al limite (che oggi fa scattare il sensore di track-limit) si ritroverebbe con le ruote esterne sulla ghiaia.

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C’è anche chi taglia corto, auspicando il rispetto della linea bianca che non dovrebbe essere mai toccata, neanche con le gomme esterne. “Nei cittadini accade questo – ha spiegato un l’ex pilota di Formula 1 – c’è un muro e non lo tocchi, e se lo tocchi paghi un prezzo. Ovviamente i piloti si lamenterebbero subito, ma credo che dopo due o tre weekend di gara il tutto sarebbe già metabolizzato. Come, d’altronde, è sempre stato in Formula 1”.

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